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Fra i principali artefici della riforma del teatro musicale, che prese avvio dagli anni Trenta del secolo XVIII, c’è sicuramente Carlo Goldoni (1707-1793). È fatto non molto noto che Goldoni iniziò la sua carriera di autore teatrale dedicandosi proprio alla stesura di libretti per intermezzi. I primi risalgono al 1730, ai tempi del suo soggiorno a Feltre, e furono composti per una recita semiprivata che ebbe luogo nel palazzo del podestà. Dopo la composizione di diversi libretti per musica, comici e drammatici, fra il 1736 e il 1741, l'impegno di Goldoni nel il teatro musicale si ridusse.
Goldoni tornò a dedicarsi intensamente alla stesura di libretti operistici solo nel 1748, dopo il suo ritorno a Venezia ed il definitivo abbandono dell’avvocatura in favore di un impegno esclusivo nell’attività teatrale. I libretti dei nuovi "Drammi Giocosi" di Goldoni erano qualitativamente di gran lunga superiori alla media di questo periodo: l’autore veneziano unì infatti il suo innato istinto per il teatro comico ad una grande sensibilità per l’impegno dei musicisti, che, consapevolmente, evitava di prevaricare. Il dinamismo dell’azione, proprio della commedia musicale napoletana, che nel frattempo aveva trovato calda accoglienza anche nella città lagunare, si fondeva, nei testi di Goldoni, con una attenta caratterizzazione dei personaggi: la commedia “d’intrigo”, si trasformò, nelle mani del veneziano, in commedia “di caratteri”, dove lo sviluppo dell’azione era incentrato sull’elaborazione psicologica dei personaggi, così come già avveniva nelle sue commedie in prosa. Per questo motivo, la ripresa della sua attività di librettista, sostenuta questa volta da musicisti di una certa levatura, costituì fin da subito un evento di grande rilevanza ai fini della nascita e della diffusione del nuovo genere dell’opera comica. Le migliori collaborazioni di questo periodo furono con il musicista veneziano Baldassarre Galuppi. La prima collaborazione col Galuppi nel campo del dramma giocoso risale al 1749, con L’Arcadia in Brenta, seguita negli anni successivi da numerose altre opere, fra le quali i due capolavori Il mondo della Luna (1750) e Il filosofo di campagna (1754). Tuttavia, l’opera di Goldoni che ebbe in assoluto maggior successo fu La Cecchina ossia La buona figliuola, rappresentata al Teatro delle Dame di Roma nel 1760 con musica di Niccolò Piccinni. Il libretto del dramma giocoso La buona figliuola era stato scritto da Goldoni quattro anni prima per il musicista Egidio Romualdo Duni, che l’aveva messa in scena a Parma nel 1756. L’opera era un adattamento dalla commedia goldoniana La Pamela (1750), a sua volta tratta dal romanzo epistolare Pamela, or Virtue Rewarded (1741) di Samuel Richardson. La Cecchina (il titolo con cui Piccinni presentò a Roma La buona figliuola) fu consacrata dal pubblico europeo come il capolavoro del genere, dando inizio ad una serie di entusiastiche riprese. Addirittura ad essa furono intitolati caffè e ritrovi, e venne lanciata una moda nell’abbigliamento femminile che fu detta "alla Cecchina". Al di là di questi fenomeni di costume, l’importanza storica de La Cecchina è quella di avere, in un certo senso, abbattuto il divario fra opera seria ed opera buffa. I protagonisti agiscono e cantano a seconda delle loro caratteristiche sociali e psicologiche, senza che vi siano eccessi caricaturali o virtuosistici. Essi sono qui, come mai era accaduto in precedenza, personaggi a tutto tondo, lontani da ogni caratterizzazione di genere. Piccinni, in particolare, si trovò a suo agio con il libretto di Goldoni, il quale conteneva divagazioni sentimentali e patetiche tipiche del genere, allora di moda, della comédie larmoyante, che il musicista seppe rendere alla perfezione. Con il dramma giocoso goldoniano il teatro musicale tornava così ad essere teatro vero e proprio, e non più un semplice pretesto per le esibizioni vocali dei virtuosi. Fra i primi a rendersi conto che i tempi e i gusti stavano cambiando vi fu il grande Metastasio, che così scriveva in una lettera al fratello: "Qui abbiamo una compagnia eccellente che recita il dramma giocoso della Buona figliuola, con musica impareggiabile. La Corte, la città n’è incantata, ed io con gli altri, anzi di più, gustando il piacere peccaminoso della vendetta contro i nostri rosignoli eroici che, vergognandosi di recitare, sono spolverizzati dai buffi e da’ ballerini che lo fanno" ( lettera a Leopoldo Trapassi, Vienna, 28 maggio 1764).
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