La personal page di
Alessandro Peroni Sito di studi illuministici, rivoluzionari e romantici |
Sia durante gli anni del "Caffè", sia in quelli successivi alla cessazione della pubblicazione della rivista, Pietro Verri continuò a frequentare assiduamente il teatro, e ciò anche quando la sua intensa attività nella pubblica amministrazione lo rendeva uno spettatore assai meno attento rispetto agli anni giovanili. Benché lo spettacolo più rappresentato a Milano, come nel resto d’Italia, fosse il melodramma, nessun articolo del "Caffè" è dedicato ad esso, sebbene in un saggio di Pietro Verri dal titolo La musica, molto apprezzato anche dagli Illuministi francesi, non manchino chiari riferimenti ai mali che affliggevano la composizione e l’esecuzione operistica. Questo breve testo risentiva in maniera evidente del contenuto delle voci musicali dell'Encyclopédie, che costituivano un’imprescindibile fonte teorica per l’autore, ma vi erano ben presenti anche le abituali tematiche del "Caffè", che si schierava anche sul fronte della musica, così come su quello delle lettere, contro il pedantismo. Alla ricerca di una semplicità e di una naturalità espressive che sapessero realmente accendere le passioni, Pietro estendeva al virtuosismo dei musicisti (che li rendeva troppo spesso simili a dei funamboli da fiera) la critica avanzata al pedantismo dei teorici. Entrambi erano espressioni di una tecnica fine a se stessa, priva della facoltà di comunicare al cuore un autentico piacere. L’estrema sensibilità musicale di Pietro Verri contribuiva senza dubbio a rendergli poco gradite le numerose opere che, composte frettolosamente da autori di scarso rilievo, passavano regolarmente sui palcoscenici milanesi. Ogni volta, ne spediva al fratello brevi commenti, talora non privi di infastidito biasimo. Verri, in realtà, non amò mai in modo particolare l’opera, e frequentemente criticava la natura stessa dello spettacolo melodrammatico. |